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Astronomia

In origine l'astronomia greca è tributaria di conoscenze egiziane e mesopotamiche, ma molto rapidamente assume un proprio carattere razionale e scientifico.
Nel VI sec. a.C. Pitagora intravede per primo la sfericità della terra, che Parmenide riconosce come un fatto acquisito.
Nel V sec. a.C. Empedocle di Agrigento conosce la ragione delle eclissi di sole, e Anassagora dà una giusta spiegazione delle eclissi di luna. Il pitagorico Filolao descrive così le teorie della sua setta: l'universo è sferico; una cintura di fuoco produce la luce delle stelle; un fuoco centrale produce la luce del giorno. La regione intermedia è divisa in tre sfere: quella delle stelle fisse, o Olimpo; il Kosmos, sfera del sole, dei pianeti e della luna; l'Ouranos, regione sub-lunare, mondo dei cambiamenti, cioè della terra e della sua opposta, l'Antiterra, che ruotano intorno al fuoco centrale. Nel IV sec. a.C. due altri pitagorici, Iceta e Ecfanto, rigettano l'Antiterra e affermano che la terra gira su se stessa. Platone riprende certi elementi di questa astronomia, e soprattutto l'opposizione tra movimenti apparenti e movimenti reali. Dopo di lui, la notte e non è più considerata come realtà materiale, ma come un'ombra, e si sa che la luce della luna è dovuta al sole. Eudosso di Cnido concepisce un sistema di sfere omocentriche, cui si ispirerà Aristotele, e compila un catalogo di stelle. Poiché il sistema di Eudosso non può spiegare la vicinanza rispetto al sole dei pianeti Mercurio e Venere, Eraclide Pontico, discepolo di Platone ammette che questi due pianeti girino intorno al sole, mentre questo astro e tutti gli altri pianeti si muovono intorno alla terra.
Nel III sec. a.C. ad Alessandria, Conone e Dositeo, amico di Archimede, scoprono nuovi gruppi di stelle, e più particolarmente la chioma di Berenice, riconosciuta da Conone, mentre Eratostene riusce a calcolare accuratamente la circonferenza della terra. Aristarco di Samo avanza l'ipotesi di un sistema eliocentrico, accettato anche da Seleuco nel II sec. a.C.; quest'ultimo astronomo dà per primo una spiegazione completa delle maree, mostrando la dipendenza di questi fenomeni dalla posizione della luna rispetto alla terra. Alla stessa epoca Ipparco inventa la trigonometria, strumento indispensabile alle misure astronomiche; scopre altresì la precessione degli equinozi e compila un catalogo di più di 850 stelle.

Claudio Tolomeo, nel II sec. d.C., riassume i lavori degli astronomi dell'antichità; menziona 48 costellazioni, 104 stelle e cinque pianeti (Mercurio, Venere, Marte, Giove, Saturno), a parte la luna. Mancò agli antichi il cannocchiale astronomico per poter andar oltre nella conoscenza dell'universo, ma noi possiamo solo ammirare tante scoperte, compiute con i mezzi elementari a disposizione.

Ellenismo [Top]

Per convenzione e per comodità, si chiama "ellenistico" il periodo che va dalla morte di Alessandro il Grande (323 a.C.) alla fine dei grandi imperi creati dai suoi successori (in principio, sino all'occupazione dell'Egitto dei Lagidi da parte di Augusto, nel 30 a.C.).
Si è anche chiamata quest'epoca "Alessandrina", ma, malgrado l'importanza della civilizzazione di Alessandria, questa denominazione sembra restrittiva. Questo periodo vede il nascere di grandi monarchie, risultato delle conquiste di Alessandro: i Lagidi in Egitto, i Seleucidi in Siria, il cui impero si estende a un certo momento fino ai confini dell'altopiano iranico, gli Attalidi in Asia minore, a Pergamo, gli Antigonidi in Macedonia. Questi imperi segnano il tramonto della Polis greca. Le città che hanno fatto la gloria e l'originalità della Grecia, cadute nell'orbita della Macedonia o di uno dei Diadochi, perdono ogni reale potere politico, e la loro ostinata indipendenza è solo un ricordo.
Nei regni ellenistici, i Greci sono posti in stretta relazione con le antiche civiltà d'Oriente, dalle quali mutuano certi caratteri per costituire un sincretismo che sarà una delle originalità di quest'epoca. Inversamente, la lingua e la cultura greche si diffondono in tutto l'oriente mediterraneo, e in parte dell'Italia. Roma, conquistata la Grecia verso la metà del II sec. a.C., si affina al contatto di tale cultura; i cittadini istruiti apprendono la lingua e la letteratura dei vinti, per creare una propria cultura a partire da questi elementi civilizzatori. I caratteri artistici acquisiti durante gli ultimi decenni dell'epoca Ellenica, diventano dominanti. Le opere dei maestri del tempo, in particolare nel campo della scultura quelle di Prassitele, di Lisippo, di Scopa, sono copiate in migliaia di esemplari nei secoli seguenti, e alcune sono così pervenute fino a noi.
Anche l'epoca ellenistica produce grandi scuole e originali di scultura: quelle di Pergamo, di Rodi (Laocoonte, Galata morente), di Tralle (Toro Farnese), il cui realismo si affermerà soprattutto nei ritratti.
La tragedia declina, illustrata tuttavia dai sette tragici alessandrini, di cui non rimane però alcuna opera; nasce la commedia nuova, che mette in scena soprattutto vicende di innamorati, quasi rispondendo alle attese di una società libera da ogni preoccupazione politica.
I valori della Polis vengono rimpiazzati dalla nozione di individuo, dalla speculazione gratuita, dalla ricerca scientifica, e da una poesia e un'arte rivolte, come la commedia, ai piacere cittadini dell'amore. Queste manifestazioni di individualismo sono favorite da certi sovrani, ad es. i Lagidi.
In definitiva i secoli ellenistici portano il segno di un sincretismo e un universalismo ereditati dalle conquiste di Alessandro.

Filosofia [Top]

I greci sono i creatori sia delle scienze che della filosofia: per primi, si sono distaccati dalle credenze religiose tradizionali, per riflettere in modo razionale sul mondo, i suoi fenomeni e le loro cause.
L'influenza dell'oriente, ad es. delle cosmogonie Ittite, è sensibile nella Teogonia di Esiodo, e anche nei primi pensatori della scuola di Mileto: Talete nel VII sec. a.C., e nel VI sec. a.C. Anassimandro e Anassimene pongono però le basi dell'indagine scientifica. Nello stesso spirito può esser visto Pitagora, la cui scuola erige le matematiche a metodo di investigazione della realtà.
La scuola detta eleatica, dalla città di Elea in Magna Grecia, patria di Parmenide (VI-V sec. a.C.) e di Zenone (V sec. a.C.), sviluppa una filosofia dell'Essere e pone le basi razionali della scienza. A questa scuola si riallacciano Senofane di Colofone (VI sec. a.C.), che a sua volta ispira Parmenide, e Melisso di Samo; quest'ultimo utilizza i metodi di ragionamento degli eleati, ma piuttosto che ragionare in astratto, applica il metodo alla realtà fisica e introduce la sperimentazione in filosofia.
Eraclito di Efeso (metà del V sec.) illustra quella è stata chiamata la filosofia del movimento e del divenire, mentre il suo contemporaneo Empedocle di Agrigento inaugura una filosofia dualista, in cui il mondo è spiegato con l'antagonismo tra forze opposte, amore e odio, e in cui si esprime una visione dell'uno e del multiplo. Egli è forse influenzato dell'atomismo di Leucippo (di Mileto o di Elea , fine del V sec. a.C.), fondatore della scuola di Abdera. Quest'ultima raggiunge il suo apice con Democrito, che sviluppa una meccanica atomistica, idea raccolta da Anassagora.
Molte opere di questi primi filosofi (Empedocle, Parmenide) sono scritti in versi; ma ne restano solo frammenti, o analisi successive. In quanto predecessori di Socrate, che rappresenta una svolta nel pensiero greco, o del pensiero tout court, sono stati chiamati presocratici; Socrate (V sec. a.C.), e il suo discepolo Platone (V-IV sec. a.C.) che riprenderà le sue idee e i suoi metodi per farne il fondamento di una filosofia idealista, hanno a loro volta subito l'influenza di molti di questi pensatori.
Parallelamente ai presocratici, conviene citare i sofisti, che perfezionano i metodi del ragionamento filosofico, per dimostrare le proposizioni che loro convengono, senza preoccuparsi del concetto di bene o male; la retorica utilizzerà gli stessi metodi per difendere le cause più indifendibili, almeno nel giudizio negativo di Platone. I sofisti, dotati di una buona cultura e un certo buonsenso, andavano di città in città, attraverso il mondo greco, e predicavano nelle piazze, facendo numerosi discepoli, in particolare tra i giovani.
I più celebri (grazie ai dialoghi di Platone) sono Protagora di Abdera, Gorgia da Lentini (Sicilia), Prodico di Ceo, Ippia di Elide, tutti più o meno contemporanei di Socrate.
La dialettica non è comunque ignorata da Platone, né da Aristotele, che ne sarà che il codificatore,
In opposizione all'idealismo di Platone si pone il suo discepolo Aristotele, che, a partire da dati di carattere scientifico, fonda una filosofia realista nella quale il mondo è mosso da un motore primo. Molti discepoli di Aristotele sono più scienziati che pensatori; tra questi Teofrasto (IV-III sec. a.C.) fondatore della botanica. La posterità di Platone è rappresentata in linea diretta dall'Accademia, Antica e soprattutto Nuova, fondata nella prima metà del III secolo a.C. da Arcesilao di Pitane; tra i latini, se ne avvarrà Cicerone (I sec. a.C.). Anche Plutarco (I sec. d.C.), benché non appartenente all'accademia, è largamente influenzato dal platonismo.
L'epoca ellenistica è marcata da una diversità di correnti, spesso risultanti dalla disillusione seguente alle speculazioni dei pensatori anteriori, che sembravano avere esplorato tutti i rami del pensiero, e utilizzato tutti i metodi che permettevano l'esercizio del pensiero.
Epicuro (342-270 a.C.), originario di Samo ma stabilito ad Atene, dove aveva comprato un giardino, influenzato dallo atomismo di Democrito, difende una morale e del giusto mezzo, lontana da tutti gli eccessi, fondata su una metafisica che si può dire atea nella misura in cui il mondo non è che un accidente, l'anima è mortale, e gli dei, se esistono, non si occupano minimamente degli uomini. Trova degli antecedenti nella scuola di Cirene, fondata da Aristippo all'inizio del IV sec., che predicava una filosofia del piacere alla quale fu dato il nome di edonismo.
La scuola cinica, fondata da Antistene, sofista contemporaneo di Platone, è rappresentata soprattutto da Diogene di Sinope (V-IV sec. a.C.). L'appellazione di cinico viene dal fatto che Antistene parlava sulla piazza di Cinosarge ("cane di argilla") ad Atene; la sua dottrina, di carattere morale, è fondata sul disprezzo dei beni materiali. Tale disprezzo dei beni e della sofferenza si ritrova anche presso gli stoici.
Verso il 300 a.C. Zenone di Cizio (Cipro) apre una sua scuola nello Stoà Poikilè, che dà il nome allo stoicismo (dottrina del portico). Il primo stoicismo è rappresentato dai discepoli di Zenone: Cleante di Asso, Crisippo di Soli (Asia Minore), Arato di Soli, che adatta in versi i Fenomeni di Eudosso. In metafisica, gli stoici ammettono l'esistenza di un'anima del mondo, e negano il libero arbitrio. Gli scritti degli stoici che sono stati conservati sono però tutti di epoca romana. La Tavola attribuita a Cebe (contemporaneo di Socrate) è senza dubbio dovuta a uno stoico dì Cizico vissuto nel II sec. d.C.
Epitteto di Hierapolis (Frigia, Asia minore), schiavo a Roma, liberato e cacciato da Roma sotto Domiziano (fine del I sec. d.C.), si stabilisce a Nicopolis in Epiro. Ha lasciato un breve manuale, ma il suo allievo, Arriano di Nicomedia, ha raccolto una gran parte dei suoi discorsi. L'ultimo rappresentante dello stoicismo a scrivere in greco è l'imperatore Marco Aurelio (II sec. d.C. ??) nei suoi celebri Pensieri.
La filosofia greca trova degna conclusione nella sintesi mistica che tenta Plotino nel III sec., utilizzando i dati del platonismo, dell'aristotelismo, e delle mistiche orientali. Questa visione religiosa del mondo, che si iscrive nel contesto di un mondo in mutazione in cui comincia a trionfare il cristianesimo, è compilata in una serie di trattati riuniti sotto il nome di Enneadi. Plotino è il rappresentante più notevole del neoplatonismo, dottrina professata da un alessandrino, Ammonio Sacca (fine del II sec.), che ebbe per discepoli Plotino, e Origene; quest'ultimo, convertito al cristianesimo, conferisce alla nuova religione uno statuto filosofico.

Fisica [Top]

La fisica inizia con l'esigenza di dimostrare che il mondo è costituito da pochi elementi fondamentali, ad es. i quattro elementi aria, acqua, terra, fuoco. Secondo le varie teorie del VII-VI sec. a.C., questi elementi deriverebbero da una sostanza primordiale (apeiron secondo Anassimandro), oppure uno di loro basta a generare gli altri: per Talete, è l'acqua; per Anassimene, è l'aria, che non è altro che una specie di vapore; per Eraclito, è il fuoco mobile, sorgente del divenire universale, che si trasforma in tutte le cose.
La fisica primigenia ha un carattere speculativo, e fa parte integrante di un sistema filosofico e cosmogonico. I problemi posti dall'unità e molteplicità della materia, dal finito e l'infinito, dal mobile e l'immobile, dalla continuità e discontinuità degli elementi costitutivi dell'universo sono argomento nel V-IV sec. a.C. di disputa tra i Pitagorici e la scuola di Elea, i cui rappresentanti Parmenide e Zenone sono alla base delle teorie atomistiche dell'antichità.
Se ne trova già traccia nelle Omeomerie di Anassagora, ma è soprattutto con Leucippo e Democrito che questa concezione prende un indirizzo fisico. Essa è il compimento logico della dialettica di Zenone, ma non ha molto rapporto con le teorie atomiche della scienza moderna.
Solo alla fine dell'epoca ellenica la fisica comincia a separarsi dall'argomentazione filosofica.
I Greci sanno che l'aria è uno stato particolare della materia e ne conoscono la compressibilità; su queste basi Ctesibio ed Erone nel III sec. a.C. costruiscono le loro macchine ad aria compressa. Sanno anche che l'aria tende a salire o scendere secondo che sia calda o fredda. In acustica, Aristotele sostiene che il suono si propaga attraverso il movimento dell'aria; numerosi teorici ammettono che il suono si propaga per onde sferiche, e spiegano l'eco come il ritorno di onde che urtano un ostacolo. Il peso è spiegato con la tendenza dei corpi a scendere verso il basso, e una volta ammessa la sfericità della terra, si spiega il fenomeno con la tendenza dei corpi a muoversi verso il centro della terra.
La trasmissione del calore per conduzione è nota, come pure l'irraggiamento, cioè la trasmissione di calore a corpi lontani. I lavori di Archimede sulle proprietà degli specchi concavi di riflettere il calore sono celebri. Aristotele sa anche che l'acqua al punto di ebollizione rimane a una temperatura costante. In ottica, i Greci, conoscono già dall'epoca ellenica le lenti e il loro potere di concentrare il calore solare, e la proprietà che hanno gli specchi concavi di dare un'immagine ingrandita di un oggetto. L'ingrandimento delle lenti è stato osservato, ma i Greci non hanno saputo – forse – combinarle in modo da costruire un cannocchiale. Euclide (e forse già Platone) conoscono queste proprietà; egli enuncia sia il principio della propagazione rettilinea della luce che le leggi della riflessione. Tolomeo nel II sec. d.C. descrive i fenomeni di rifrazione.
In elettricità, Talete ha sperimentato la proprietà che acqusta l'ambra (electron) strofinata di attirare altri corpi; si sa anche che certi pesci si difendono con una scarica, di cui si ignora la caratteristica elettrica. Talete menziona le pietre di Eraclea, che Euripide chiama "magnetiche", per il fatto che si trovavano in Lidia presso Magnesia; ma l'esperienza di magnetismo non va oltre questa pietra magnetica (ossido di ferro).
Nella sua fisica, Aristotele formula delle teorie dell'equilibrio e del movimento non sprovviste di interesse, benché la sua meccanica sia basata su assunti filosofici che ne guastano spesso il valore, e che l'hanno impedito di tirare le conseguenze corrette di principi validi.
Archimede risolve tra l'altro alcuni dei più interessanti problemi di idrostatica, e ispira i progressi realizzati in meccanica da Archita, Ctesibio e Erone.

Geografia [Top]

In epoca Omerica, il mondo conosciuto dai Greci si limita alla Grecia propriamente detta, alle isole vicine, alla Tracia e all'Asia minore. Si conoscono indubbiamente I Fenici e gli Egizi, ma questa conoscenza è imprecisa quanto la descrizione dei favolosi paesi d'occidente, che Omero conosce forse attraverso i racconti di viaggio o le "istruzioni nautiche" di origine fenicia.
La colonizzazione greca del VIII, VII e VI sec. a.C. estende queste conoscenze alle coste del Mar Nero, dell'Italia e del sud della Gallia, mentre il commercio fa conoscere i popoli dell'occidente mediterraneo, dove la città di Tartesso, che controlla il passaggio delle colonne d'Ercole (Gibilterra), è alleata dei Greci contro i Fenici. Dei contatti, spesso bellicosi, si rinnovano con i Fenici, con loro colonie, come Cartagine che diventerà la grande avversaria dei Greci in Sicilia, e con gli Egizi.
La geografia scientifica nasce in una di queste potenti città commerciali, in contatto con tutti i popoli del mondo mediterraneo e dell'Asia vicina: Mileto.
Nel VI sec. a.C. Ecateo di Mileto può esser considerato come il primo geografo, mentre il suo concittadino Talete afferma la sfericità della terra, e un altro milesiano, Anassimandro, stila la prima carta geografica. Nel secolo successivo, prima Erodoto, che viaggia attraverso tutto il vicino oriente, poi Ctesia, medico del re di Persia, pur essendo storici, estendono il campo delle conoscenze geografiche dei Greci, grazie soprattutto ai contatti che le conquiste persiane stabiliscon con i popoli dell'Asia centrale e meridionale.
Nel IV sec. a.C., le spedizioni di Alessandro procurano conoscenze nuove e più precise sull'India e le regioni dell'Asia centrale, e il cretese Nearco, comandante della flotta di Alessandro, esplora le coste meridionali della Persia.
All'inizio dell'epoca ellenistica, la geografia è rivoluzionata da Eratostene, che per primo, ripetendo forse un tentativo di Dicearco, discepolo di Aristotele, usa una proiezione scientifica del mondo su un planisfero, e utilizza un sistema di paralleli e di meridiani. Le sue conoscenze geografiche inglobano quelle dei suoi predecessori, e si estendono alle sorgenti del Nilo, al Mar Rosso, all'Africa del Nord; egli menziona la Bretagna (Inghilterra) e Thule (Islanda); a Est conosce l'India fino al Gange e a Ceylon (Taprobane). Dopo Eratostene, Ipparco (II sec. a.C.) è uno dei costruttori della geografia matematica; egli riprende la divisione in longitudine e latitudine, disponendole a distanze eguali, mentre Eratostene le aveva piazzate irregolarmente. Il sistema è ripreso da Marino di Tiro nel II sec. d.C. e perfezionato da Tolomeo, la cui geografia è accompagnata da 27 carte, raccolte nel V sec. da Agatodemo di Alessandria.
Accanto alla geografia scientifica, si sviluppa una geografia descrittiva. Certi autori sono solo viaggiatori, e le loro opere sono specie di guide turistiche; la più conosciuta è la descrizione di Pausania; ma, prima di lui, Dicearco e Polemone di Ilio hanno dato delle descrizioni ben più precise e vivaci. Il summum della geografia descrittiva, che resta per noi un tesoro per la conoscenza non soltanto dalla geografia ma anche e dell'etnologia antica, è la Geografia di Strabone (I sec. a.C.), che, con quella di Tolomeo, riassume le conoscenze geografiche degli antichi Greci. L'Europa è conosciuta quasi completamente, eccettuata la Scandinavia, la cui esistenza è peraltro accennata. In Africa, le terre note si estendono fino al Niger, e dall'altra parte verso la costa orientale fino ad Zanzibar. L'Asia meridionale è descritta fino alle isole della Sonda, e all'oceano Pacifico; Cina e Indocina non sono ignorate. Si ritrovano inoltre in questi autori, e soprattutto in Strabone, degli elementi di orografia, di idrografia, di climatologia e di geologia.

I Libri ("biblia") [Top]

I libri antichi sono scritti su papiro, o su pergamena. Il papiro è utilizzato in Grecia per la scrittura a partire dal VI sec. a.C. I fogli di papiro sono incollati l'uno all'altro, e il nastro risultante arrotolato, spesso su un'anima di legno. La lunghezza dei rotoli è variabile, in genere limitata per facilitarne l'arrotolamento, ma sono stati trovati in Egitto dei rotoli di oltre 40 metri.
Il testo è scritto in colonne, di larghezza circa normalizzata a linee di 35 lettere; le linee sono numerate di 50 in 50 o di 100 in 100; il numero di linee è indicato alla fine del volume. I titoli e i nomi dei capitoli sono scritti con inchiostro rosso (da cui il nome latino rubrica); il titolo è replicato su un'etichetta attaccata al rotolo chiuso in una guaina o riposto in una scatola speciale; i rotoli di una stesa un'opera allacciati insieme.
La pergamena proviene da pelli (in generale di capra, pecora, o agnello neonato per la pergamena di lusso) appositamente trattate. È conosciuta in oriente già nel II millennio a.C., e al tempo di Erodoto (V sec. a.C.) i Greci d'Asia Minore la utilizzano correntemente. È tuttavia nel II sec. a.C. che la tecnica della pergamena si perfeziona. Il materiale si diffonde, indubbiamente in seguito alla creazione delle grandi biblioteche, in particolare quella di Pergamo (da cui il nome "pergamena"). Contrariamente al papiro, la pergamena può essere disposta in quaderni, per formare dei libri simili ai libri moderni.
La pelle è tagliata per formare dei fascicoli, in generale di quattro pagine (l'in-quarto è il formato tradizionale per le opere letterarie), poi i quaderni sono cuciti insieme. Il titolo del libro è scritto in testa alle pagine, e queste numerate. Nei libri di lusso le pagine possono essere tinte di porpora, e le lettere in oro o argento. Gli alessandrini usano libri illustrati, spesso con ritratti; si conosce un libro di botanica in cui le piante studiate sono anche disegnate. I libri erano redatti a mano da copisti, o si dettava la stessa opera a molti copisti contemporaneamente. Erano venduti commercialmente, e le persone facoltose li facevano trascrivere da schiavi specializzati.

La Marina [Top]

La marina ha evidentemente un ruolo vitale per un popolo disperso, che vive in continuo contatto col mare, dal quale dipende la sua prosperità. Lo sviluppo del commercio richiede importanti flotte commerciali, e la marina da guerra si sviluppa sia per difendere le vie commerciali, che per le imprese di pirateria e il trasporto di soldati.
In epoca omerica, le navi che effettuano il commercio sono anche armate per il combattimento. I vascelli degli Achei, che trasportano i guerrieri che vanno ad assediare Troia, sono navigli a un rango di rematori, senza ponte, sufficientemente leggeri per essere tirati in secca.
Nei periodi seguenti, la marina si perfeziona e sviluppa al punto che certe città esercitano una vera egemonia sul mare, costituendo delle Talassocrazie; tra queste la più brillante è Atene, chiamata "regina del mare".
Il modello più perfezionato di nave da guerra è la "trireme". Tucidide ne attribuisce l'invenzione al corinziano Aminocle, alla fine dell'VIII sec. In realtà, la trireme appare solo nel Vi sec., in Ionia. Anterriormente, la nave da combattimento è la Pentecora, galera a 50 remi. Policrate di Samo possiede una cinquantina di navi di questo tipo verso il 530 a.C., quando comincia, sembra per primo, a equipaggiarsi di triremi. La pentecora sarà completamente dismessa alla fine del secolo, a vantaggio della trireme: la battaglia navale di Lade`, piccola isola al largo della quale la rivolta delle colonie greche è domata dai Persiani, vede gli Ioni allineare solo triremi.
Sotto l'impulso di Temistocle, gli ateniesi costruiscono 200 triremi tra il 483 e il 480, data della battaglia di Salamina. Le monoremi o le biremi, a uno o due ranghi di rematori, sono ormai barche troppo leggere o troppo lente.
In epoca ellenistica, si fabbricano delle 'tetraremi' e delle 'pentaremi'. Sembra che questi tipi di vascelli, pesanti e poco maneggevoli, siano inaugurati da Dionigi di Siracusa all'inizio del IV sec. Sono forniti di artiglieria, destinata a smantellare le linee nemiche prima dell'abbordaggio, come nelle battaglie navali dei nostri sec. XVII e XVIII. È la tattica utilizzata del Demetrio Poliorcete, quando nel 306 affronta la flotta egiziana comandata da Tolomeo Sotere.
La trireme misura 35-40 metri di lunghezza per 5-6 metri di larghezza, e pesca circa 2 metri. È mossa da 170 remi (più 30 di ricambio), di lunghezza variabile tra 4,2 e 4,4 m, ed è armata alla prua di un possente sperone in bronzo; le vele servono per la navigazione normale, e per lasciar riposare i marinai, ma in combattimento la nave era mossa unicamente dai rematori. Le vele sono allora lasciate a terra, per non intralciare la manovra o appesantire il naviglio. Tra la fine del V sec. a.C. e la metà del secolo successivo, si è certi che la triremi possiede due alberi (albero principale e albero akateios). Sembra che dopo il 330 a.C. rimanga solo l'albero principale.
Fino al V sec. a.C. le battaglie in mare somigliano a quelle terrestri: le navi si abbordano, e si tenta di eliminare l'equipaggio avversario; così combattono corinzi e ciprioti nella battaglia di Sivota (432 a.C.).
Gli ateniesi reinventano e perfezionano la strategia navale: manovrano in modo da rompere le linee nemiche, evitando il contatto, poi utilizzavano il diekplous e il périplous; la prima tattica consiste nello sfiorare la nave avversaria per spezzarne i remi; il périplous prepara invece lo speronamento della nave avversaria, che può essere affondata senza perdite umane per il vincitore.
Dei 200 uomini che compongono l'equipaggio della trireme ateniese, 170 sono rematori professionali salariati. Dieci epibati, soldati di marina, possono essere opliti dell'esercito regolare; 13 marinai sono incaricati della manovra e delle vele; il trierarca o i trierarchi, che comandano la nave, sono i cittadini finanziatori; sono accompagnati da un Kibernetes, uomo di mestiere, forse incaricato di tenere il timone, lungo remo piazzato lateralmente a poppa.
Il kéleuste , capo del rematori, modula il ritmo dei rematori al suono di un corno. I rematori sono ripartiti: sul banco superiore (62 Traniti), sul banco intermedio (54 Zygisti), sul banco inferiore (54 Talamiti).
Ad Atene, la flotta è comandata da uno o più strateghi; altre città separano il comando terrestre da quello marittimo, affidando la flotta a degli ammiragli. A Sparta, potenza non marittima, l'equipaggio di una nave è composto di iloti e perieci; l'ammiraglio è nominato dagli Efori per un anno, in genere non rinnovabile.

La Matematica [Top]

I greci antichi conoscono le diverse discipline della matematica: aritmetica, geometria piana e nello spazio, trigonometria, algebra. Le cifre greche - come in tutte le scritture antiche - sono rappresentate da lettere alle quali si aggiunge un apostrofo, sistema non privo di inconvenienti. In aritmetica, effettuano le quattro operazioni e estraggono la radice quadrata; conoscono le frazioni ordinarie, ma ignorano le frazioni decimali. L'abaco è utilizzato per i calcoli semplici.
La geometria era utilizzata dagli agrimensori egiziani per misurare la terra da distribuire ai contadini dopo ogni inondazione. È possibile che Talete di Mileto all'inizio del VI sec. a.C. abbia acquisito durante un viaggio in Egitto diverse conoscenze matematiche, e che abbia appreso laggiù a predire le eclissi. Analogamente, può darsi che la geometria greca abbia ereditato i suoi elementi dall'arte degli architetti e ingegneri egiziani; tuttavia da queste osservazioni e da questi insegnamenti, i Greci hanno creato una scienza rigorosa e originale, fondamento della nostra propria matematica.
Pitagora e i suoi discepoli studiano la geometria in se stessa, in quanto conoscenza di enti astratti che sfuggono ai cambiamenti del mondo sensibile. Nel V sec. a.C. Platone vede la geometria nello stesso spirito; questa scienza, rivolta a oggetti ideali, gli sembra la chiave della sua metafisica idealista, al punto di non ammettere all'accademia allievi privi di conoscenze di geometria.
Teodoro di Cirene, uno dei maestri di Platone, si pone il problema degli incommensurabili (3, 5 ecc., fino a 17). Tre problemi sono rimasti celebri: la duplicazione del cubo, la trisezione dell'angolo e la quadratura del cerchio.
Ippocrate di Chio (V sec. a.C.) è il primo a redigere un trattato di geometria, fino allora scienza tenuta segreta nella scuole pitagoriche; crea la geometria del cerchio e considera il problema degli incommensurabili.
Nel IV sec. a.C. Teeteto, discepolo di Socrate, fa dei lavori sui numeri razionali, le progressioni e le proporzioni continue, e con Platone e Ippocrate rappresenta la scuola di Atene. Il trattato di Ippocrate è rivisto, con la supervisione di Platone, da due suoi discepoli, Leone, e Teudio di Magnesia.
L'altra grande scuola del periodo ellenico, quella di Cnido, è rappresentata da Eudosso, Aristeo e Menecmo (IV sec. a.C.); quest'ultimo, discepolo di Eudosso e precettore di Alessandro il Grande, risolve il problema della duplicazione del cubo. Nello stesso periodo Ippia di Elide scopre la curva detta quadratrice; Antifone perfeziona la geometria della retta; Brisone di Eraclea completa i lavori di Antifonte, e Archita di Taranto continua degnamente la scuola pitagorica.
Il periodo ellenistico (III sec. a.C.) si apre con Euclide, che elabora un metodo espositivo quasi perfetto; Archimede, che apre la via al calcolo infinitesimale; e Apollonio di Perge, pioniere della geometria analitica. A Ipparco, uno dei più grandi astronomi dell'antichità, si deve l'invenzione della trigonometria.
L'epoca romana, pur meno creativa, annovera altri lavori dei Greci d'oriente. Menelao (I sec d.C.) pubblica un trattato di geometria sferica che include un importante teorema sui triangoli sferici. Nel II sec d.C. Tolomeo, nel primo libro del suo Almagesto, dà un trattato di trigonometria piana e sferica, e Nicomaco di Gerasa scrive una Introduzione all'aritmetica.Teone di Smirne lascia un'esposizione delle Matematiche necessarie alla comprensione di Platone. Pappo di Alessandria (III sec. d.C.) compone parecchie opere, trai cui il riassunto delle conoscenze geometriche dell'antichità, corredato di un vasto commentario; si trovano in questa opera dei teoremi originali e il celebre problema di Pappo sui luoghi geometrici. Nel IV sec. d.C. Sereno di Antinoe lavora sulle sezioni del cono e del cilindro, e Diofanto d'Alessandria descrive un sistema di simboli algebrici. L'algebra geometrica è praticata fin dall'inizio dai matematici greci; Diofanto crea un linguaggio adatto alla risoluzione delle equazioni, senza tuttavia affrancarsi totalmente dalla tradizione geometrica. Quando volgarizzano l'algebra, gli arabi non fanno che perfezionare un sistema creato dai Greci. Gli ultimi matematici sono dei commentatori o degli editori: nel IV-V sec. d.C. Proclo commenta Platone e il primo libro degli elementi di Euclide, Eutocio di Ascalona pubblica la Sezioni coniche di Apollonio, Teone di Alessandria pubblica verso il 370 d.C. gli elementi di Euclide, e sua figlia Ipatia commenta Diofanto e Apollonio.

Medicina [Top]

Nelle descrizioni di Omero, la medicina appare già con un carattere razionale; i feriti vengono bendati e curati, con qualche unguento, senza ricorso a pratiche magiche.
È tuttavia negli asclepeions che la medicina si sviluppa, prima di staccarsi dall'influenza divina. Si sa molto poco della medicina prima di Ippocrate; le conoscenze mediche si trasmettono nelle 'famiglie', che accolgono e integrano anche studiosi estranei alla comunità. Si sviluppano così grandi scuole di medicina a Crotone, a Cirene, a Rodi, e soprattutto a Cos e Cnido, brillanti rivali.
La scuola di Crotone annovera Democede (~500 a.C.), medico pubblico a Egina, poi ad Atene; indi medico di Policrate di Samo; infine, medico e consigliere di Dario re di Persia, prima di tornare a morire in patria.
Alcmeone, un pitagorico, pratica la dissezione sugli animali e scopre i nervi.
A Cos pratica la famiglia degli Asclepiadi, cui appartiene Ippocrate (V-IV sec. a.C.); i suoi successori immediati sono Prassagora di Cos e Diocle di Caristo. La scuola di Cos pratica una terapia a base di diete e norme igieniche, mentre i seguaci della scuola di Cnido utilizzano medicamenti, in genere decotti di piante; il metodo farmaceutico si svilupperà man mano che si perfezioneranno i medicamenti, e sarà quello più utilizzato nelle epoche successive.
La medicina si perfeziona in epoca ellenistica grazie ai lavori di Erofilo di Calcedonia, discepolo di Prassagora, e di Erasistrato di Chio. I loro discepoli cadono però nel dogmatismo, in reazione al quale la scuola empirica preferisce limitarsi a descrivere le malattie.
Nel I sec. a.C., Asclepiade, originario dell'Asia minore, è celebre a Roma; combatte l'abuso di medicine, e prescrive l'igiene, diete, cure termali, massaggi, passeggiate. Ippocrate resta il suo maestro, commentato alla stessa epoca da Apollonio di Cizio.
Nel I sec. d.C. un discepolo di Asclepiade, Temisone di Laodicea, fonda la scuola metodica, secondo cui le malattie provengono dallo stato generale del corpo; di questa scuola, Sorano di Efeso (II sec. d.C.), ginecologo e pediatra, enuncia giudiziosi consigli sul modo di partorire e di curare i neonati.
A una scuola rivale si deve la pneumatica, fondata da Ateneo (d'Asia Minore), secondo cui è lo spirito, o pneuma, che regola la salute o la malattia. Archigene di Siria (fine I sec. d.C.) è il migliore rappresentante di questa scuola - lo conosciamo tramite la compilazione dei suoi lavori fatti da Arete di Cappadocia. Appare come un notevole e penetrante osservatore, capace di descrivere perfettamente l'evoluzione delle malattie e di raccomandare una terapia a base di dieta, e bagni in acqua fredda, o di sole.
Del II sec. d.C. si sono conservati alcuni scritti di Rufo di Efeso, ma è Galeno che domina tutta la medicina greca in epoca romana, e ne è l'ultimo rappresentante. Le grandi scuole dell'epoca ellenistica sono rimpiazzate da quelle di Smirne, Pergamo, Alessandria, che brillano accanto a quella di Cos.
L'insegnamento dispensato in queste scuole comprende i corsi, studi clinici, e apprendistato pratico. Le discipline essenziali sono l'anatomia per lo studio del corpo, la patologia per lo studio delle malattie, la terapeutica, conoscenza dei metodi di guarigione. Non si sa quanto durassero questi studi; senza dubbio a lungo, perché Tessalo di Tralle studiò 11 anni prima di praticare. Nessun diploma attesta gli studi compiuti; i discepoli prestano giuramento di fedeltà al loro maestro e devozione intera alla loro professione; ciò non impedisce naturalmente l'esistenza di un gran numero di ciarlatani.
La medicina conosce già numerose specializzazioni: chirurghi, oculisti, dentisti, ginecologi; le donne medico si occupano in genere di donne e bambini. La farmacia non è una disciplina specializzata a parte; sono i medici che si incaricano della preparazione delle medicine.
Accanto ai medici privati, con il loro dispensario, vi sono medici militari, aggregati all'esercito; medici di ginnasio, e infine medici pubblici. Si trovano medici pubblici a partire dal VI sec. a.C. Le città si disputano a peso d'oro i medici famosi, come Democede di Crotone nel VI sec. a.C.. Nelle grandi città si trovano parecchi medici pubblici, assistiti del loro allievi e da schiavi pubblici.
Ad Atene i medici pubblici sono scelti dall'Ecclesia; hanno a disposizione un locale vasto, ventilato e ben esposto, lo Iatroion, sorta di dispensario comprendente delle sale chirurgiche, una farmacia e forse camere per malati, curati gratuitamente. I medici e le cure pubbliche sono finanziati da una tassa apposita. I sovrani hanno in generale il loro medico personale; quello del re di Persia è sempre greco: il più famoso di questi nel V sec. a.C. è Ctesia.

Navigazione [Top]

Con i Fenici, di cui sono forse allievi e poi rivali, i Greci sono il più grande popolo di marinai dell'antichità. In epoca ellenistica sono padroni del mediterraneo orientale. Poiché ignorano la bussola, nota in Cina nel II sec. d.C., i navigatori greci si dirigono osservando il sole e le stelle; ma praticano di preferenza la navigazione costiera, per la quale dispongono di istruzioni nautiche.
All'epoca omerica (VIII sec. a.C.), si naviga di giorno, e di notte si tira la barca a riva se possibile. Le navi dell'epoca ellenica, più pesanti e provviste di uno o due alberi con vele quadrate e fiocchi, hanno una stazza di 200 a 400 tonnellate, e navigano giorno e notte, percorrendo una media di 500 stadi (circa 50 miglia marine) al giorno; ci vogliono cioè circa 16 settimane per andare dall'Italia in India, e quattro settimane per recarsi dall'Italia a Alessandria. L'inverno, da ottobre a aprile, la navigazione in Mediterraneo è rallentata o interrotta dal cattivo tempo. Alla fine dell'epoca arcaica, Mediterraneo e Mar Nero sono completamente esplorati, prima dai Fenici e poi dai Greci.
I Fenici andavano a caricare lo stagno fino in Inghilterra, via l'Atlantico. Nel VI sec. a.C. i Focesi tentano di seguirli forzando le colonne d'Ercole (Gibilterra), gelosamente difese dai Fenici; sembra che un Focese, Midacrite, abbia raggiunto le isole Cassiteridi (od. Scilly) ricche di giacimenti di stagno (gr. kassíteros). Nel IV secolo a.C., il marsigliese Pitea passa anch'egli le colonne d'Ercole, risale lungo le coste della Gallia e si avventura probabilmente nel mare del Nord, dove scopre l'isola di Thule (Islanda o Norvegia); il suo compatriota Eutimene segue le coste dell'Africa fino al Senegal. Prima di lui, i Cartaginesi, comandati da Annone, alla testa di 60 navi, hanno fondato empori commerciali lungo la costa del Marocco e spinto le loro navi fino a sud del Senegal, forse fino al Camerun, nel golfo di Guinea.
I Greci orientano le loro esplorazioni verso i mari del sud. Verso il 520 a.C. sotto il regno di Dario, Scilace di Carianda (Asia minore), discende l'Indo, seguendo le coste della Persia e dell'Arabia, e giunge in Egitto dopo un periplo di due anni e mezzo. È tuttavia solo con Alessandro il Grande che l'esplorazione di queste regioni diventa sistematica. Il cretese Nearco comanda la flotta di Alessandro che a partire dalle bocche dell'Indo segue la costa persiana fino in Susiana. Alessandro invia in seguito tre spedizioni incaricate di esplorare le coste d'Arabia: Archia raggiunge Tylos (Bahrein); Androstene giunge fino al capo Masandam, all'uscita del golfo persico; Gerone lo doppia, ma spaventato dall'aridità della costa, torna indietro. Filone, ammiraglio di Tolomeo Sotere, percorre il Mar rosso e scopre l'isola Zerbiget; con Tolomeo II, Satiro esplora la costa dei 'trogloditi' (Eritrea, Somalia), e fonda delle basi commerciali; Aristone e Pitagora esplorano le coste dell'Arabia bagnate dal Mar Rosso. Più attivo ancora, Tolomeo III elimina la pirateria dal Mar Rosso, invia Simmia a esplorare le coste africane e non cessa in seguito di organizzare spedizioni in Mar Rosso.
Sotto il regno di Tolomeo VII Evergete (II sec. a.C.), Eudosso di Cizico effettua la circumnavigazione dell'Africa. Sembra certo che questa impresa sia stata compiuta la prima volta daiFenici, inviati dal faraone Necao nel VII sec. a.C.
I navigatori greci non scendono a sud del capo Gardafui, salvo eccezioni. Di ritorno dalle Indie, un Diogene perde la rotta ed è trascinato fino al canale del Mozambico. Un certo Teofilo naviga lungo le coste dell'Africa orientale e segnala per primo le alte montagne del Kenya; dopo di lui, Dioscoro giunge fino al capo Delgado, a nord del Mozambico.
La rotta delle Indie è aperta dopo numerosi tentativi. Dopo l'esplorazione del Mar Rosso voluta dai primi Tolomei, è solo con Tolomeo XI che viene scoperta l'isola di Socotra. Verso il 50 a.C., un mercante greco apre la rotta del golfo di Aden verso Muziris (l'attuale Cranganor), dopo di ché il commercio con l'India e il sud del Mar Rosso si sviluppa al punto che col regno di Augusto 120 navi partono ogni anno da Myos Hermos e da Berenice nel golfo di Suez.

Nel I sec. d.C. un navigatore greco, Ippalo, utilizza il regime dei monsoni, detti allora venti di Ippalo, per andare e tornare dall'India in navigazione diretta. Sulle sue tracce i mercanti greci navigano regolarmente fino a Trapobane (Ceylon o Sumatra), e, nel II sec., vanno alla ricerca di mercanzie fino in Indonesia, Indocina e Cina meridionale.
A uno di questi navigatori è dovuta una guida preziosa, il Periplo del mare di Eritrea, che descrive un itinerario marittimo menzionando numerosi porti africani sull'oceano Indiano, quelli dell'Arabia e dell'India, con le mercanzie che si esportano e si importano in ogni porto, e gli scambi possibili.
Numerosi resti di monete romane e oggetti di origine alessandrina (ma di epoca romana), trovati fino al sud Vietnam, confermano l'esistenza di una navigazione commerciale in questi mari, in epoca romana, ma senza dubbio dovuta a navigatori alessandrini.
Si può citare ancora un certo Iambulo, nominato da Diodoro Siculo, che, lasciato alla deriva nell'oceano Indiano dai pirati, raggiunge dopo quattro mesi una vasta isola dal clima piacevole (forse Madagascar) vicina a sette piccole isole, e, cacciato da questa, deriva per altri quattro mesi prima di arrivare in India a Palibothra (Patna), da dove rientra in Grecia via la Persia.
E quell'Eufemio di Caria, conosciuto da Pausania, che nel corso di un viaggio in Italia fu trascinato dei venti verso l'oceano Atlantico, dove giunge fino alle isole Satiridi; alcune sono disabitate, altre abitate da uomini selvaggi con capelli rossi pettinati a coda di cavallo; avrebbero catturato e sodomizzato una donna della nave, ciò che valse alle loro isole il nome greco di Satiridi. Poiché i primi navigatori spagnoli descrivono gli indigeni delle Antille pettinati con code di cavallo, e aventi usanze particolari, si è voluto identificare le isole Satiridi alle Antille.

Scienze [Top]

La Grecia riceve dall'Oriente le prime conoscenze scientifiche. Tali conoscenze empiriche vengono prima assimilate, poi passate al setaccio del razionalismo caratteristico del pensiero greco, infine classificate e sistemate fino a elevarsi al rango di scienza.
Di fatto, i Greci sono gli inventori della scienza tale che noi la concepiamo, e gli iniziatori della scienza occidentale.
Inizialmente, scienza e filosofia non sono distinte, e si sviluppano nelle stesse scuole. In Ionia, a Mileto dal VII-VI Sec. a.C., con Talete, Anassimene e Anassimandro; a Efeso con Eraclito; a Samo con Pitagora, che stabilisce la sua scuola in Magna Grecia e pone le basi della geometria e dell'astronomia.
Nel IV sec. a.C. la scienza continua le sue conquiste, sempre in seno alle scuole di filosofia; essa resta un metodo teorico di spiegazione dell'universo, costretto nel quadro di una dottrina filosofica. Così è della scienza di Platone, ma già con Aristotele appare uno sforzo per separare la ricerca scientifica dalla speculazione filosofica; è nella sua scuola del Liceo che nascono la botanica e la zoologia.
È tuttavia solo in epoca ellenistica che le scienze hanno un ruolo predominante, e si liberano di ogni influenza filosofica; a partire da quest'epoca, esse assumono anche un aspetto pratico, e gli scienziati si applicano all'osservazione e alla ricerca sperimentale. Già all'epoca di Platone, questa tendenza si manifesta con gli scienziati siracusani, che il grande filosofo ateniese rimprovera di orientarsi verso l'aspetto pratico e sperimentale della scienza.
Le discipline scientifiche greche restano circoscritte alla matematica, alla fisica (e alla meccanica), all'astronomia, alla geografia, alla botanica, alla zoologia e alla medicina. Altre discipline restano embrionali; in geologia, numerosi autori antichi segnalano l'esistenza di fossili marini all'interno delle rocce, che spiegano con rivoluzioni geologiche; si trovano alcune nozioni di mineralogia (soprattutto presso Teofrasto, discepolo di Aristotele).
Le nozioni di chimica restano elementari.
Altri principi meccanici, ad es. la forza del vapore, non sono utilizzati praticamente, forse per l'abbondanza di manodopera servile (solito luogo comune).

Storia [Top]

Gli antichi popoli orientali possedevano già delle cronache di carattere locale; non si può quindi dire che i Greci abbiano inventato la storia. Essi hanno però conferito alla storia una dimensione universale, e ne hanno fatto un genere letterario.
I primi storici di cui si ha notizia erano chiamati logografi, nome che si può interpretare come autore di discorsi in prosa, in opposizione alla poesia.
Analogamente agli scrittori di cronache orientali i logografi hanno redatto delle genealogie, racconti di fondazioni città, panegirici di famiglie patrizie e di singole città.
Cadmo di Mileto, vissuto nel VI sec. a.C., è autore di una Fondazione di Mileto. Altro importante logografo, pure di Mileto, è Ecateo.
Il primo cui i Greci abbiano dato il nome di storico, anzi di "padre della storia", è Erodoto (Storie, V sec. a.C.). Dopo di lui, Tucidide porta già il genere alla perfezione. La sua Storia della guerra del Peloponneso costituisce non solo la sorgente principale della nostra conoscenza della storia greca di quel periodo , ma si impone come un capolavoro della lingua Attica, e un modello di trattazione, in cui sono analizzate le cause degli avvenimenti riferiti, e la psicologia dei personaggi descritti.
Senofonte (V-IV sec. a.C.) con le sue Elleniche, è il continuatore di Tucidide. Seppure la visione storica sia meno limpida che in Tucidide, egli crea generi nuovi; una forma di romanzo storico con la Ciropedia, un racconto di storia vissuta con l'Anabasi, la biografia con l'Agesilao, lo studio delle istituzioni politiche con la Costituzione di Sparta.
Degli storici del IV sec. restano solo estratti.
In epoca ellenistica si assiste a una breve rinascita della storiografia, con Polibio di Megalopoli, che fece parte degli ostaggi inviati dai Greci a Roma nel 168 a.C., dopo la disfatta dei macedoni di Perseo. Favorevole ai romani, diventa amico dei figli di Paolo Emilio, Fabio e Scipione, e quando rientra in Grecia nel 150 resta un grande amico di Roma. I libri che rimangono delle sue Storie descrivono la storia di Roma all'epoca della seconda guerra punica e durante i decenni seguenti.
Di qualità inferiore ma di vasto interesse è La Biblioteca storica di Diodoro Siculo (90 a.C.). In quest'opera ambiziosa, di cui manca una gran parte, Diodoro tratta la storia delle origini del mondo, compresa l'Arabia le isole dell'Oceano. La mitologia e la genealogia degli dei fanno parte dell'insieme.
Nel I sec. d.C. Dionisio di Alicarnasso scrive la storia di Roma, e Flavio Giuseppe quella del popolo ebreo e della rivolta degli ebrei contro i romani (guerre ebraiche), cui partecipa. Tra il I e il II sec. d.C., Plutarco scrive le Vite parallele, raccolta di preziose biografie; Arriano di Nicomedia è il più importante storico di Alessandro il Grande; Appiano di Alessandria e Dione Cassio Cocceiano scrivono entrambi di Storia Romana., al pari degli primi storici latini del I sec. a.C. - I sec. d.C. (Sallustio, Tito Livio, Tacito).

Vasi Greci [Top]

Nella produzione della ceramica greca, particolarmente fiorente per tutto il I millennio a.C., occupano un posto di primo piano i vasi attici, che ne offrono la più vasta testimonianza. Oltre all'indubbio interesse storico, derivante dal fatto che le loro figurazioni ci documentano su molti aspetti della vita del tempo, essi hanno un reale valore artistico, presentandosi spesso come vere opere d'arte.
La produzione dei vasi attici comincia ad avere caratteri propri nel periodo dello stile geometrico maturo (o primo stile del Dipylon), tra il IX sec. e il 750 circa a.C. Le forme vanno dai grandi vasi monumentali (anfore e crateri) alle piccole pissidi e tazze senza piede. La decorazione, nera su fondo chiaro, è a motivi rigorosamente geometrici (meandri, losanghe, triangoli, cerchi concentrici) che seguono la forma del recipiente. Le rappresentazioni figurate, sui vasi di grandi dimensioni, comprendono scene funebri con l'esposizione del morto, o schiere di combattenti e carri di guerra. La figura umana è rappresentata con semplicissimo schema, torso triangolare e membra filiformi. Nel periodo del secondo stile del Dipylon, che comprende la seconda metà dell'VIII sec. a.C., la decorazione geometrica è meno schematica. La figura umana si arricchisce: i gesti sono più variati e, all'interno del volto, sono indicati l'occhio e il naso. Le scene figurate si ritrovano anche su vasi di dimensioni minori e nel repertorio figurativo compaiono anche gli uccelli a lungo collo che preludono ai tipi dello stile orientalizzante.
Quest'ultimo si identifica in Attica con il protoattico, che si svolge durante tutto il VII sec. a.C., attraverso tre fasi distinte. Gli elementi geometrici vengono sostituiti da ornamenti curvilinei e la decorazione, che si sviluppa dapprima in zone sovrapposte, tende successivamente ad accentrarsi in un'unica scena su quasi tutta la superficie del vaso. Il disegno, in parte a tratto in parte a incisione, è a figure nere, ma arricchito spesso da coloriture in bianco.
La produzione del VI sec. a.C. è indicata con il nome di ceramica attica a figure nere e a partire da questo periodo l'Attica contribuisce in maniera essenziale e quasi esclusiva all'arte ceramica greca. Dall'antico Pittore della Gorgone a Sofilo, Clizia e Lido, i vasi attici vanno arricchendosi sempre più di motivi e la pittura si perfeziona fino a raggiungere figurazioni complesse e movimentate. Nella seconda metà del VI sec. a.C. le personalità di Exechia e del Pittore di Amasi contribuiscono alla definizione di una tecnica e di uno stile in cui le figure attinte ai vari cicli, epico o dionisiaco, si collocano a episodi isolati e determinati sulle due facce del vaso. Comincia a essere evidente in questo periodo la stretta affinità tra le figure dipinte e la produzione plastica contemporanea. E ormai il pittore non si limita a creazioni puramente grafiche, ma fa vivere le sue figure in un mondo di passioni, di gioia, di dolore, esprimendo nella posizione e soprattutto nel volto la condizione psicologica del rappresentato.
Lo stile a figure nere prosegue attraverso maestri minori fino a circa il 480 a.C., ma dal 530 già era iniziata la produzione della ceramica attica a figure rosse. L'innovazione tecnica di decorare il vaso in nero e risparmiare in esso il fondo rosso della figura, che poteva quindi essere arricchito con tratti neri, è attribuita al Pittore di Andocide.
 Eufronio ed Eutimide sono le altre personalità maggiori di questa prima fase o dello stile severo, che ha i suoi capolavori nella produzione dei Pittori di Berlino e di Brigo, e in Macrone e Duride. Le scene sono composte di elementi essenziali, senza indulgenze decorative: l’attenzione è rivolta all'anatomia delle figure nude e al drappeggio in quelle vestite, con grande rigore grafico.
La figura di Polignoto di Taso in pittura e quelle di Calamide e Fidia in scultura portano a innovazioni anche nella ceramica. Le scene si movimentano e vengono costruite a piani sovrapposti (Pittore dei Niobidi) o si arricchiscono di notazioni patetiche (Pittore di Pentesilea). Alla metà del secolo il Pittore di Achille traduce in immagine dipinta il classico e solenne stile fidiaco, con elementi della scultura di Policleto. L'ultima parte del V secolo è dominata in pittura dai due grandi maestri Parrasio e Zeusi, ma anche la migliore produzione ceramica risente solo in parte delle loro innovazioni. Per il primo la linea che costruisce il disegno era anche un espediente che tendeva alla definizione e al suggerimento di un volume; per il secondo il problema centrale dell'esperienza pittorica era la prospettiva e quindi il chiaroscuro: problemi e relative soluzioni difficilmente trasferibili nella pittura ceramica.
I ceramografi che esprimono meglio le tendenze e le caratteristiche di questo periodo sono i Pittori del Canneto e del Triglifo, nonché il Pittore R. Alla fine del V sec. a.C. appartiene anche il Pittore di Midia, la cui produzione, ricca di motivi e complessa nelle costruzioni, ha un vasto seguito manierista, dove il tormentato e capriccioso svolgersi delle linee, la struttura gracile e l'intonazione patetica cadono nello stucchevole e nel risaputo.
Tra il VI e il IV sec. a.C. vanno ricordate anche le anfore panatenaiche. Dopo la sconfitta di Atene nella guerra del Peloponneso e la sua conseguente decadenza nel campo politico, la produzione ceramica si ripete per alcuni decenni attraverso la ripresa stanca di tipi e di repertori, per poi cessare completamente come forma d'arte, continuando la produzione della ceramica nera.
 

Appendice: Pesi e Misure [Top]

NB. I valori delle varie unità variavano apprezzabilmente secondo la regione e l'epoca. I valori in tabella sono quindi indicativi.

 

  Lunghezze    
pous (piede)     ~ 30 cm (0.29-0.33m)
Dactylos (dito) 1/16 piede   ~ 1.9 cm
Lat "uncia" (pollice) 1/12 piede (come l'"inch")   2.46 cm
Palaista (palmo) 1/4 piede o 4 dactyl    
Spithami (spanna) 3/4 piede    
Pechus (cubito) 1 piede 1/2    
Pygme` 9/8 piede ( 1piede e 2 dita)   0.333 m
  Strade o terreni    
Bêma aploum (passo) 2 piedi 1/2   0.74 m
Orgye (toise?) 6 piedi   1.78 m
Plèthron 100 piedi   29.6 m
Stadion (stadio) 100 orgye o 600 piedi   177.6 m
Kalamos (pertica per buoi) 10 piedi   2.96 m
  Superfici    
Tetragonos pous (piede quadrato)   87 cm2
Acène (pertica quadrata)     8.76 m2
Plhre (arpente?) 100^2 piedi quadrati    870 m2 (100 acène)
  Volumi liquidi    
Kotylê 6 kyathoi   0.27 litri
Kyathos 1/6 kotilay   0.068 l
Khous 12 kotilay   3.24 l
Amphora 72 kotilay   19.44 l
Amphora romana 8 congii   26.17 l
methrete 2 anfore o 1 piede cubo   39 l
Xestes (lat. Sextarius) 12 kyathoi (di uso più tardivo, quando il kotyle era sceso a 4.5 kyathoi, e il kyathos a 0.045 l)   0.54 l
Khous (lat. Congius) 6 xestai (sextarii), tardivo   3.27 l
  Volumi solidi    
Kyathos (lat. cyathus)     0.045 l
Kotylê (lat. Hemina) 6 kyathoi   0.27l
Xestes (lat. Sextarius) 2 kotilay   054 l
Modius (rom.) 16 sextarii   8.73 l
Medimnos 96 xestai   52.36 l
  Unità di peso (monete)    
Drachma 1/100 mina   4.32 gr
Mina 100 dracme   0.436 kg
Talenton (talento) 60 minas   26 kg
Obolo 1/6 drachma   0.72 gr
Khalkhous 1/4 obolo   0.09 gr
  Altre derrate    
Mina     655 gr
Talento     39.3 kg

 

[F. Soso]   [Top] [Mai 2003]