Usa, Cina e un'Europa oltre l'euro

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VERSO LA RIPRESA - di MARIO BALDASSARRI
 

Caro Direttore, la crisi greca è il «dito», ma per capire occorre guardare «la luna», cioè la crisi mondiale. E allora si vedono un «peccato originale» e «tre paradossi» che minano le prospettive di ripresa in atto. II peccato originale dell'Occidente è stato consentire alla Cina di entrare nella Wto scambiando liberamente le sue merci su tutti i mercati mondiali, lasciandole però la libertà di decidere «politicamente» il cambio della sua moneta, furbescamente agganciato al dollaro. Questo ha «permesso» alla Cina di mantenere la propria competitività verso il dollaro ed acquisirne un 50 % in più verso l'Europa. E tutto in aggiunta alla sua già dirompente competitività basata su costi del lavoro e dumping sociale impensabili in Occidente.
Primo paradosso. La Cina accumula enormi avanzi commerciali verso l'estero, ha la sua moneta fissa sul dollaro e svalutata verso l'euro quando invece, se lasciata al libero mercato dei cambi, si sarebbe rivalutata di almeno un 20 % sul dollaro e di almeno un 40-50 % sull'euro. Pertanto, Europa e Stati Uniti, anche sulla base di tale artificiosa convenienza, comprano prodotti cinesi; i cinesi incassano i nostri soldi e li risparmiano senza migliorare le condizioni di vita interne, accumulando imponenti Fondi Sovrani con i quali comprano o i titoli dei nostri debiti pubblici o pezzi rilevanti della nostra economia produttiva. In sintesi, la Cina, con i soldi dell'Occidente, si sta comprando l'Occidente, e poiché i soldi che le diamo sono tanti, compra anche pezzi rilevanti dell'Africa e dell'America Latina.
Secondo paradosso. Quelle banche e quelle conniventi agenzie di rating che hanno determinato l'accumularsi delle bolle speculative e poi l'esplosione della crisi finanziaria con effetti dirompenti sull'economia reale, sono state «salvate» (per nostra fortuna ciò non è avvenuto in Italia) trasferendo il loro debito privato nel Debito
Pubblico. Adesso che siamo di fronte al problema dei Debiti Pubblici degli Stati, quelle stesse banche e quelle stesse agenzie di rating si ergono ad arbitri e a giudici unici dei Debiti degli Stati. E proprio in queste settimane di montagne russe sui mercati finanziari, si possono creare potenzialità di grandi speculazioni con pochi operatori che «sanno» e che possono guadagnare molto sulle disgrazie altrui.
Terzo paradosso. Questo si esprime nel «costo dell'Europa che c'è» e nel «costo dell'Europa che non c'è». L'Europa che c'è (quella monetaria), seguendo l'atavica fobia tedesca per l'inflazione che risale alla Repubblica di Weimar, ha «gentilmente» lasciato apprezzare l'euro fino a sfiorare il rapporto di 1,5 con il dollaro e di conse-guenza anche con lo yuan cinese, contribuendo così a commettere il «peccato originale» dell'economia mondiale. La Cina ha offerto subdolamente la «mela» e l'Europa ha fatto indigestione di euro supervalutato diventando abulica e asso-pendosi su una crescita asfittica e priva di prospettive anche perché artificiosamente compressa proprio dal super-euro.
D'altro canto, l'Europa che non c'è (quella della politica economica e della politica tout court) comporta che ogni singolo Stato deve assumere le proprie decisioni. Questo processo allunga enormemente i tempi delle decisioni riducendone così l'efficacia. Infatti, sulla crisi greca, un intervento pronto ed immediato fatto tre mesi fa sarebbe costato molto meno e avrebbe tagliato le unghie alla speculazione. Ora, la ripresa in atto nell'economia mondiale sta avvenendo senza aver rimosso le cause reali degli squilibri mondiali, perpetuando il peccato originale e proiettando nei prossimi anni quei tre paradossi. L'economia mondiale sembra infatti uscire dalla crisi con gli Stati Uniti che crescono a quasi il 4%, la Cina che ha ripreso a correre verso il 10 % e l'Europa che dorme attorno all' 1%. Descrissi oltre cinque anni fa questa situazione come la cicala americana, la formica cinese e la bella addormentata europea. Ed ancora una volta, le tre grandi aree del mondo (Usa, Europa, Cina), per risolvere i loro problemi «interni», puntano al traino «esterno» delle loro esportazioni. Ma loro sono i tre/quarti del mondo e quindi a chi esportano se non tra di loro? Occorre invece che chi ha eccesso di consumo (Usa) freni un po' la propria economia e riequilibri i propri deficit pubblici ed esteri, chi ha eccesso di risparmio (Cina ed Europa) punti invece di più sulla domanda interna. La Cina sui consumi per migliorare il tenore di vita dei cinesi e disinnescare la vera bomba atomica interna, cioè l'esplosione sociale conseguente al passaggio dalle campagne alle città di 30o milioni di cinesi nei prossimi dieci anni. L'Europa sugli investimenti (infrastrutture, energia, ricerca, innovazione) necessari a fare sul serio l'unione reale del vecchio continente.
Ecco allora che, per rimuovere le radici reali della crisi, per ridare assetto sostenibile alle condizioni finanziarie e per eliminare i tre paradossi, occorre dare al mondo una nuova governance: rifondare il G8, rifare Bretton Woods, riformare Fondo Monetario, Banca Mondiale e Wto. E dentro il nuovo equilibrio mondiale occorre mettere un protagonista indispensabile che si chiama Stati Uniti d'Europa, un'entità politica consistente e non una semplice sommatoria statistica definita dai conti dell'Eurostat. Certo un euro che si è riportato nelle scorse settimane attorno a 1,20 sul dollaro è una eccellente notizia per l'Europa, purtroppo però è dovuta ad una pessima ragione: l'assenza dell'Europa e la crisi dei debiti sovrani dei suoi Paesi più fragili. Senza tutto questo, la ripresa in atto rischia di ricaricare la molla di una nuova e più forte crisi globale.

Presidente della Commissione Finanze del Senato
 

 

 

 

 


 

© F. S.   || 11. 2010